Scopri i Carnevali d’Italia lungo le Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori

Strada del Vino e dei Sapori del Trentino

Carnevali del Trentino

Carnival King of Europe – San Michele all’Adige
Il Trentino ospita a San Michele all’Adige, presso quello che era un antico convento, uno dei musei più noti a livello internazionale dedicato all’etnografia, ovvero il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina.
E il tema del carnevale, nell’arco di questi ultimi anni, è stato uno degli argomenti più ampiamente studiati sotto tanti punti di vista: storici, culturali e antropologici. Lo studio si è concentrato dapprima sui carnevali delle valli del Trentino, il raggio di azione si è esteso poi in tutta Italia (studiando i carnevali e le mascherate di Sudtirolo, Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Basilicata, Puglia, Campania, Sardegna, Sicilia) coinvolgendo anche realtà museali di Croazia, Slovenia, Macedonia, Bulgaria, Romania, Polonia, Paesi Baschi, Francia.
Il programma internazionale che unisce tutte queste realtà è denominato Carnival King of Europe:
scopo del progetto è mettere in evidenza le similitudini che esistono nelle mascherate di tutto il continente europeo per spiegarne il significato profondo e, attraverso la ricerca sul campo, fornire nuove interpretazioni. Ecco che alla luce dei dati raccolti gli arlecchini, gli sposi, gli spazzacamini, i pagliacci, gli orsi, i dottori, i vecchi e tutta la schiera di maschere che anima le questue carnevalesche vengono a occupare un posto specifico all’interno di un quadro coerente composto ogni anno per augurare fertilità e prosperità

Il direttore del Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina, Giovanni Kezich, ci racconta cosa si mangia a Carnevale 

Carnevale Asburgico, Madonna di Campiglio
La rievocazione storica dei soggiorni della corte imperiale ai piedi delle Dolomiti di Brenta, sul finire dell’800, si tiene da quasi quarant’anni in coincidenza con la settimana del Carnevale Ambrosiano. Uno sfavillante susseguirsi di sfilate in abiti d’epoca, spettacoli pirotecnici, cene regali, balli a ritmo di walzer e ricevimenti sontuosi, sciate di giorno e fiaccolate serali sulle piste innevate. Anche gli ospiti vi possono partecipare, diventando protagonisti di un’esperienza memorabile da conservare per sempre tra i ricordi più belli.
Ma dove nasce questo evento che non smette mai di affascinare? Ad ispirarlo è la storia.
La bellissima Principessa di Wittelsbach, Elisabetta d’Austria (Sissi) trascorse una prima settimana a Madonna di Campiglio nel 1889 per poi tornare ai piedi delle Dolomiti di Brenta nel 1894, questa volta accompagnata dall’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe.
Per annunciare l’arrivo dei sovrani risuonarono in tutto il Trentino 33 colpi a salve sparati dalle batterie di cannone e si diffusero ovunque i suoni delle campane e gli evviva di riverenza di un popolo in festa.

Carnevale di Grauno, Val di Cembra
Il Carnevale di Grauno rappresenta una delle più antiche tradizioni dell’Alta Valle di Cembra. Un rito che affonda le radici nella notte dei tempi e che culmina il martedì grasso con l’accensione del grande albero, elemento di antichi riti precristiani di propiziazione e di fecondità. Questo momento è preceduto da un complesso rituale che prevede il prelievo del pino dalla montagna soprastante, il suo trascinamento in piazza, la rappresentazione di una commedia con la “condanna” dell’ultimo maschio del paese andato sposo, fino al battesimo del pino con del vino e quindi l’innalzamento del maestoso albero nella “Busa del Carneval”.
Giunta la sera, dopo il suono dell’Ave Maria, si riforma il corteo per la fase conclusiva della festa: in testa i suonatori di fisarmonica intonano l’inno al carnevale, a seguire i coscritti ornati da splendidi copricapi tradizionali, quindi la folla. Spetta all’ultimo sposo dell’anno e alla sua consorte l’accensione del pino di carnevale che, come una torcia gigantesca, può essere scorto da qualsiasi punto della Valle di Cembra.
Gli anziani del posto, osservando le scintille del falò, prevedono quindi come sarà l’annata.
Da alcuni anni i Matòci, gli Arlecchini, i Sonadori, il corteo degli Sposi con le Bèle e i Paiaci dello storico Carnevale di Valfloriana, paese affacciato dall’altra parte della Valle, si incontrano a Grauno: qui il martedì mattina ricevono le chiavi del paese, prima di dare inizio a riti storici e goliardici tipici dei due tra i più importanti carnevali dell’Arco Alpino.

Il Biagio delle Castellare – Carnevale Storico Tesino
Nel Tesino ogni 5 anni va in scena, tra Martedì grasso e il Mercoledì delle ceneri, il processo del conte Biagio delle Castellare…ma chi era costui?
Egli giunse in Valsugana a metà del ‘300, inviato dal nobile Francesco da Carrara a combattere Carlo IV di Lussemburgo: il condottiero cercò di organizzare un esercito costituito dalle risorse del territorio ma il Tesino si rifiutò categoricamente di inviare uomini, cavalli e vettovaglie. A seguito della sconfitta, Biagio si ritirò nei castelli di Ivano e Grigno (detto da allora “delle Castellare”) e qui per quasi 10 anni oppresse  la zona del Tesino.
Nel 1365 mentre Rodolfo d’Austria portava Francesco da Carrara alla guerra, Biagio decise di allearsi proprio con gli austriaci, tradendo di fatto il suo primo signore. Questi inviò in Valsugana le proprie truppe per castigare Biagio: sul luogo trovarono un aiuto insperato dagli abitanti del Tesino, che armati di forche e bastoni, unirono le loro forze per espugnare il castello di Grigno e vendicarsi dei soprusi subiti.
Biagio nel frattempo era riuscito a scappare nel vicino Castel Ivano che venne tenuto sotto assedio: dopo diversi giorni il maniero capitolò e vennero arrestati gli occupanti, ovvero Biagio e la sua famiglia.
Tutti gli abitanti del Tesino avrebbero voluto giustiziarlo sommariamente mentre Francesco da Carrara decise di tenerlo in ostaggio.
I tesini allora si accontentarono di impiccarne simbolicamente l’immagine, promettendo di ricordare i misfatti di Biagio in con un processo in tribunale.
Il carnevale “dedicato” a Biagio delle Castellare è uno dei più antichi della tradizione italiana: riuscì a resistere nell’arco dei secoli ai tanti tentativi di soppressione per vari motivi – compresi religiosi. E anche in occasione della I Guerra Mondiale, quando gli abitanti della Valsugana erano profughi, impiccarono “simbolicamente” Biagio. Una volta ogni 5 anni va quindi in scena il processo, con una grande sfilata che tocca i paesi del Tesino e si chiude per l’appunto con il tribunale in piazza.

Vorprennen In Martzo – Lusern
Il Voprennen in Martzo è un “non carnevale”, un’antica tradizione di origine pagana ricca di significati, un rito di fertilità e fecondità: con il fuoco si brucia la cattiva stagione e, nel contempo, il calore delle fiamme riscalda madre terra. Il grande fuoco rappresenta l’apice di una serie di eventi che iniziano già parecchi giorni prima quando i ragazzi, girando per le vie del paese con strumenti atti a produrre rumore (in genere campanacci), raccolgono presso le famiglie legna per preparare la grande catasta. I campanacci servono per risvegliare madre natura e, la legna che ogni famiglia offre, rappresenta il “sacrificio” personale affinché il rito abbia una buona riuscita.
Un tempo i bambini di Lusérn si recavano nel bosco, muniti di campanacci (e strumenti vari atti a produrre rumore allo scopo di spaventare e cacciare il cattivo inverno e nello stesso tempo risvegliare madre natura), e raccoglievano molta legna, fino a formare delle cataste che venivano poi bruciate nella notte che separava l’ultimo giorno di febbraio dal primo di marzo. Il calore delle fiamme scaldava madre natura (la terra) e nel contempo bruciava la cattiva stagione. A Lusérn ogni contrada accendeva il suo “martzo” e tutta la gente del paese partecipava all’evento per festeggiare la fine del rigido inverno, cantando e raccontando storie seduti intorno al falò.
Oggi come ieri, sull’altura a monte dell’abitato, denominata Kraütz, l’ultimo sabato di febbraio si rinnova l’accensione del falò che coinvolge l’intera comunità.
E questa antica tradizione come ogni anno si ripete nel piccolo villaggio di Lusérn, dove il tempo si è fermato, dove si parla l’antica lingua cimbra e dove il confine tra le leggende e realtà è di difficile comprensione per chi è immerso nella frenesia della vita moderna.

Carnevale di Valda – Processo al Carnevale
Già dal lontano 1908, nella notte successiva all’Epifania, veniva appeso sulla fontana della piazza di Valda il fantoccio del carnevale: questo rimaneva fissato fino a martedì grasso, per poi essere pubblicamente bruciato.
Il manichino rappresenta simbolicamente gli eccessi e le colpe che gli abitanti di Valda hanno commesso a Carnevale, periodo per antonomasia ricco di bagordi, abbuffate e allegria. Il rogo invece permette l’espiazione di tutte le colpe, entrando così “puri” in Quaresima.
Ogni anno i coscritti – ovvero i ragazzi e le ragazze che diventano maggiorenni nell’anno appena cominciato – rinnovano il folclore alla maniera di un tempo. La sera di martedì grasso inizia alle 18.00, con la cena a base di gnocchi. A seguire si porta il fantoccio di Carnevale, dalla fontana allo spazio dove avrà luogo il rogo in località Costa, cantando a pieni polmoni “Evviva, Evviva, Evviva, el carnevale, l’è morto, l’è morto, l’è morto su ent’el pal”.