Scopri i Carnevali d’Italia lungo le Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori

Strada Vino e Sapori Friuli Venezia Giulia

Trieste, dove furono inventati i coriandoli

Dalle Alpi e Prealpi si scende fino ad arrivare in Carso, alla costiera e a Trieste, dove del resto fu inventato uno dei simboli indiscussi del Carnevale: i coriandoli. Ettore Fenderl, infatti, fu una celebrità nel campo della fisica nucleare, ma non furono solo i suoi studi ad essere innovativi: nel 1876 il quattordicenne Ettore durante la parata di Carnevale che passava sotto casa sua in piazza della Borsa a Trieste, non avendo a disposizione costosi confetti o petali di rose da lanciare sul corteo, tagliuzzò pezzettini di carta colorata e li lanciò sulle maschere che passavano. Fu subito imitato da tantissimi presenti e l’invenzione si propagò velocissima a Vienna, Venezia e in tutto il mondo. Così furono inventati i coriandoli.

Carnevale di Sappada

Una delle tradizioni più caratteristiche di Sappada / Plodn è Vosenòcht, il Carnevale.  Protagonisti assoluti sono le maschere (letter): per camuffarsi completamente e non farsi riconoscere dai compaesani vengono usate maschere in legno (lòrvn) intagliate da artigiani locali e tramandate spesso di generazione in generazione. I festeggiamenti del Carnevale sappadino si svolgono come un tempo nelle tre domeniche che precedono la Quaresima, dedicate ai tre diversi ceti della società:  la “Domenica dei poveri” (pèttlar sunntach), in cui si usa vestire abiti dimessi e svolgere i lavori più umili per guadagnarsi da vivere;  la “Domenica dei contadini” (paurn sunntach) che rievoca gli antichi lavori agricoli;  la “Domenica dei signori” (hearn sunntach), espressione della classe benestante e occasione di sfoggio dei costumi più raffinati.  Le maschere indossano vestiti appropriati a seconda della domenica e inscenano situazioni divertenti in cui coinvolgono gli spettatori e le persone delle case a cui fanno visita. Tutte parlano in falsetto (goschn) per non farsi riconoscere. Altre giornate caratteristiche del periodo sono: il “giovedì grasso” (vaastign pfinzntòk), in cui si svolge la Sfilata dei Rollate per le vie del paese; il “lunedì grasso” (vrèss montach), giornata dedicata al rollate, la tipica maschera sappadina; il “martedì grasso” (schpaib ertach).

Carnevale di Sauris

Sauris (Zahre in saurano) , che fa parte dei borghi autentici d’Italia, è un’isola linguistica germanofona che parla oltre all’italiano e al dialetto friulano, un antico dialetto di ceppo tedesco, con suono morbido, una lingua antica ed affascinante. L’ambiente e le sue tradizioni rappresentano per Sauris il bene più prezioso . Il carnevale di Sauris (Voshankh) è uno dei carnevali più antichi dell’arco alpino, protagonisti della festa sono il “Rolar” (con il volto ricoperto dalla fuliggine) e il “Kheirar” (con mascherone in legno e scopa). Le due figure percorrono le vie di Sauris accompagnate da un corteo di maschere, che possono essere brutte (Scheintena schembln) o belle (Scheana schembln). Il Rölar è una figura magica e demoniaca, il cui nome deriva dai „rolelan“, i campanelli che porta intorno alla vita e che assieme alla scopa usa per avvertire gli abitanti dell’inizio della mascherata; le sue mani e la sua faccia sono coperte di fuliggine, indossa abiti rozzi e in testa porta un fazzoletto a frange. Il Kheirar invece è il re delle maschere ed è colui che si occupa dello svolgimento della cerimonia: con delle vesti a brandelli, una maschera di legno che nasconde il suo volto ed una scopa, egli va a battere alle porte delle abitazioni e dopo aver spazzato il pavimento, introduce a turno coppie di maschere che danzano al suono della fisarmonica. Le maschere che nascondono il viso dei partecipanti sono di legno. Il corteo prosegue nella notte e, al lume delle lanterne, si inoltra nel bosco per seguire un suggestivo percorso notturno alla volta di un grande falò propiziatorio innalzato in una radura.

PÜSTCarnevale di Resia

Le origini di Resia sono legate all’insediamento della sua popolazione nella vallata, che si fa risalire al VII secolo. I resiani sono i discendenti di slavi alpini che giunsero in Italia al seguito degli Avari e che, abbandonando il nomadismo, qui presero dimora. Un tempo isolata tra I Monti Musi a sud e l’imponente Massiccio del Canin ad est e a nord, Resia rappresenta per la cultura un’isola linguistica e di tradizioni estremamente importante. Vi si parla una singolare lingua, oggetto di molti studi, e si custodiscono e tramandano tradizioni (costumi, canti, balli, cerimonie) di grande interesse, il Carnevale è una di queste.

Il Carnevale in Val Resia è una delle manifestazioni più importanti della comunità locale che riesce ancora oggi a coinvolgere giovani e meno giovani. Il Carnevale interessa, generalmente il giovedì grasso (Jojba Grasa) il sabato sera, la domenica (Püstawa nadëja), il lunedì, il martedì (TeVlïki Püst) e il mercoledì delle ceneri (Te din na pëpël). L’elemento fondamentale del Carnevale è rappresentato dalla danza eseguita con i tipici strumenti musicali resiani, la cïtira [zitira] (violino) e la bünkula (violoncello). Le danze si protraggono per ore ed ore, nelle osterie e negli spazi predisposti per i festeggiamenti. Si balla, tempo permettendo, anche all’esterno, in particolare domenica pomeriggio. Le maschere tradizionali del Carnevale resiano sono di due tipi: te lipe bile maškire, le belle maschere bianche, con cappello alto adorno di fiori di carta colorata e piccoli sonagli, le più conosciute perché sono presentate anche nelle esibizioni del Gruppo Folkloristico Val Resia ed i babaci/kukaci [babazi / kukazi], le maschere brutte. Il Carnevale si conclude, il Mercoledì delle Ceneri, con il rogo del fantoccio “babaz”, segnando così la fine di un ciclo per ricominciarne uno nuovo.

PUST Carnevale Valli del Natisone

l Pust v Benečiji è un carnevale arcaico e misterioso, proprio come il paesaggio delle Valli del Natisone in cui si festeggia. Pust parola che nel dialetto sloveno locale significa “scherzo” ma che assume anche direttamente il significato di “carnevale” inteso come festività nella sua interezza. Inoltre la parola Pust identifica la maschera principale del carnevale valligiano, protagonista di tutti i cortei e le marachelle. Pustje, Pustiç, Pustiçi sono termini che indicano quelle maschere coloratissime che si vedono scorrazzare per i piccoli paesini attorno a Cividale del Friuli portando allegria e confusione là dove per tutto l’inverno ha regnato la quieta. Si tratta di maschere ricoperte dalla testa ai piedi da svolazzanti frange multicolori sotto cui sono nascosti campanacci che creano un gioioso frastuono ad ogni salto. I Pustje entrano in tutti i vicoli e nei cortili con le Kliesce, ingegnose tenaglie retrattili in legno, con cui scombussolano la quotidianità degli abitanti spostando di posto tutti gli oggetti che riescono, rovesciando sedie e tavoli o sfilando le scarpe ai passanti. Ogni paese delle Valli ha poi le sue peculiariatà e le sue mascere simbolo. i Pustje di Rodda con i loro colori sgargianti e la loro scherzosa impertinenza; il gallo e la gallina di Mersino; i famosissimi Blumarji di Montefosca che correndo con i loro vestiti bianchi risvegliano la terra per la primavera. Ci sono inoltre le maschere facciali in latta di Stregna, e da Montemaggiore non mancheranno te liepe, le belle, con i caratteristici cappelli fioriti; da Clodig infine le spettacolari maschere in vimini

Carnevale di Muggia

Le origini del Carnevale muggesano sono antichissime. La prima citazione ufficiale si ha negli Statuti comunali del 1420 in cui si fa riferimento al rimborso di un ducato a quelle Compagnie, che si sarebbero poi impegnate a spenderne almeno il triplo per ingaggiare dei musicanti.El Carneval de Muja era caratterizzato da alcune usanze tra cui la Caccia al Toro, d’origine veneta e il Ballo della Verdura, che si svolgeva il martedì grasso in quella che oggi è Piazza Marconi; attualmente viene riproposto con una nuova coreografia il giovedì grasso in concomitanza con l’apertura ufficiale del Carnevale Muggesano. Le donne e gli uomini danzano con il capo ornato da verdi ghirlande, reggendo in mano un arco d’oro di fronde e di arance. Interessante la tradizione di “andar a ovi”, antichissima e ancor oggi proposta.Il momento più atteso del Carnevale è sicuramente la sfilata dei carri allegorici; ogni carro è il risultato di un lungo lavoro di allestimento, che impegna gran parte del tempo libero dei componenti delle rispettive Compagnie. Delle tante, che si sono succedute nel tempo, oggi se ne contano otto: Bellezze Naturali, Bulli e Pupe, Bora, Brivido, Lampo, Mandrioi, Ongia, Trottola.

Kraški Pust: il Carnevale Carsico

Maschere e carri allegorici sfilano anche a Opicina, sull’altopiano a pochi chilometri dal centro di Trieste. Il sabato pomeriggio i gruppi danno vita al corso mascherato per contendersi il premio del Carnevale Carsicoe festeggiare poi la vittoria con balli, musica e spettacoli.

FRITOLE CON L’ANIMA (Fancli z duso) del Carso Triestino

Originariamente proposta per la festa di  Festa di San Martino (11 novembre) la ricetta tipica carsolina è quella delle Frittole con animaFancli z dusu (in sloveno), delle frittelle salate tipiche del Carso triestino. La ricetta è originaria di Contovello (Contovél in dialetto triestino o Kontovel in sloveno) una frazione del comune di Triepescatoste. Un tempo i “kontovelci”, gente di Contovello, erano eccellenti pescatori e le donne avevano il compito di vendere il . Così nacquero i FANCLI  Z  DÜŠU, letteralmente Frittole con anima, delle frittelle ripiene di acciughe sotto sale.