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Categoria: Custodi della Tradizione e Comunicatori del Gusto

Chi sono? appassionati, rappresentanti delle istituzioni, associazioni di promozione, comitati del carnevale, azdore, foodblogger

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I Ristoratori

Gli Artigiani dell’arte bianca

Categoria
Custodi della tradizione

4E Dolciaria
Istituto Bonaldo Stringher di Udine. Prof. Marco Duriavig e  Prof. Biagio Nappi.

Dolce di Carnevale
Ciambelle di mele

Luogo di Origine
Friuli Venezia Giulia

La mela è il simbolo del desiderio, del peccato originale. Ma anche il simbolo della semplicità, dei frutti che ci offre la natura e che la cultura contadina, tipica del Friuli, ha saputo valorizzare in tante proposte enogastronomiche tradizionali.

La cannella è una spezia dalle origini antiche e orientali. Il suo profumo esotico e intrigante, però, è tipico di molti dolci friulani. Il suo ampio utilizzo nelle ricette locali, infatti, è dovuto ai “Cramars”, i venditori ambulanti che, valicando i monti della Carnia, si recavano in Austria, Baviera, Germania, Boemia, Ungheria. Questi commercianti friulani, a partire dal 1200, con in spalla le loro “Crame” (mobiletti in legno dotati di piccoli cassetti) trasportavano diversi oggetti minuti come stoffe, prodotti artigianali e appunto diverse spezie, provenienti dai porti veneziani.

Dall’incontro di questi due semplici ingredienti, anche per le feste di Carnevale, nasce un conubio dal tipico sapore friulano. Le frittelle e le ciambelle di mele sono infatti una particolarità dal sapore dolce ed avvolgente che si può degustare facilmente in Friuli durante le feste di Carnevale accompagnato da un Ramandolo DOCG o da un succo di mela 100%.

200 g di farina 00 del Molino Moras (Azienda con 115 anni di storia, Trivignano Udinese)
120 g di uova
30 g di zucchero di canna
100 g di latte
buccia grattugiata di 1 limone
1/2 bustina di lievito per dolce
2 g di cannella
1 mela biologica

VINO DOCG RAMANDOLO

SUCCO DI MELA 100%

Categoria
Custodi della tradizione

Manuela Burlina
Appassionata (Pocenia)

Dolce di Carnevale
Frittelle Friulane

Luogo di Origine
Friuli Venezia Giulia

Le frittele sono per me il simbolo del carnevale, le mangerei tutto l’anno. qui in Friuli Venezia Giulia assieme ai crostoli sono il dolce tipico che tutte le famiglie preparano tramandandosi le ricette di generazione in generazione. Non c’è una sola vera ricetta, ogni famiglia ha la sua, con un ingrediente diverso e ognuno la custodisce gelosamente. Per me le frittele sono il ricordo dell’infanzia, di quando vestita in maschera, assieme alle mie amiche, il giovedì e il martedì g asso, si andava in giro per le modificato finchè non ne ho trovato una tutta mia. Mi ricordo case a raccontare le poesie di Carnevale per avere in cambio dolci, caramelle e magari qualche soldino, La mia ricetta delle frittelle è una fusione di quelle che ho ereditato dalla mamma, da una zia, la nonna e che con il tempo ho che aspettavo con impazienza il giorno in cui assieme alla mamma si friggeva e si mangiava assieme quel dolce tanto desiderato e che poi per tanti mesi non avrei più mangiato. Un ricordo lontano ma indelebile di quelle giornate spensierate, di quel CARNEVALE Vecchio E Pazzo ripetuto decine di volte, dei coriandoli che giravano per casa per giorni e di quelle frittelle che ora preparo io ai miei
figli …

Uova, zucchero, farina”00″.grappa friulana, Iievito, scorza d’arancia, mele a pezzetti, yogurt magro, uva sultanìna

Un buon verduzzo friulano

Categoria
Custodi della tradizione

Stefania Angeli
B&B Alla Loggia dell’Imperatore di Levico Terme (TN)

Dolce di Carnevale
Stràmboi

Luogo di Origine
Trentino Alto Adige

Gli stràboi, detti anche strauben, sono una ricetta tipica tirolese e vengono preparati sia in Trentino Alto Agige, ma nel resto del Tirolo e in Baviera.
Il nome deriva dal tedesco Straub che significa “tortuoso, arricciato, scompigliato”, richiamando quindi l’aspetto attorcigliato del dolce.

Gli stràboi sono nati come dolci di carnevale, tuttavia vengono preparate e gustati tutto l’anno

Ingredienti

3 uova, 250 ml latte intero, 150 ml birra chiara, 25 ml grappa trentina, 1 pizzico di sale, 50 g zucchero, 125 g panna fresca non zuccherata, 200 g farina 00
150 g farina con lievito, olio per friggere

Per decorare

zucchero a velo, confettura di mirtillo rosso

Procedimento
– Mettere le uova in una terrina e sbatterle bene, aggiungere poco alla volta il latte e pian piano  le due farine e la birra, aggiungere infine il pizzico di sale, la grappa e la panna.
– Mescolare bene fino ad ottenere un impasto un po’ denso.
– Lasciare riposare l’impasto ottenuto in frigorifero per almeno un’ora.
– Per dar forma agli stràboi c’è un apposito strumento fatto a forma di imbuto con dispositivo per apertura e chiusura del beccuccio, ma difficilmente si trova in commercio; se non si possiede questo attrezzo si può usare un semplice imbuto, ma ancora meglio una teiera con beccuccio.
– Mettere l’impasto dentro la teiera e versare il composto nell’olio bollente, dando la tipica forma a spirale. Gli stràboi vanno poi girati appena prendono il colore dorato.
– Quando sono cotti, porli sopra un foglio di carta da cucina assorbente e poi metterli nel piatto da portata guarnendoli con la confettura e lo zucchero a velo.

E’ un dolce tipico e molto apprezzato da tutti, una vera festa di carnevale per i palati sia di grandi che di piccini.

per i più piccoli: un bicchiere di acqua e sciroppo di sambuco di Azienda Agricola “Ai Masi”
per i più grandi: un calice di Trentodoc Demi Sec di Pedrotti Spumanti

Categoria
Custodi della tradizione

Strada del Vino e dei Sapori del Trentino

Dolce di Carnevale
Mascherine di carnevale (pasta frolla alle susine)

Luogo di Origine
Trentino Alto Adige

Anche il carnevale può essere l’occasione per valorizzare i prodotti locali.
Abbiamo quindi preparato una pasta frolla che profuma di Trentino, utilizzando burro di montagna, susine di Dro DOP e le uova del contadino. Immancabili poi nell’abbinamento il latte e la grappa trentina.

325 g farina 00
150 g burro di montagna
100 g zucchero a velo
100 g susine di Dro essiccate denocciolate
1 uovo del contadino

Per decorare:
ghiaccia reale /confetti colorati / pasta di zucchero

Procedimento
– Tritare finemente le susine.
– Mettere in una ciotola tutti gli ingredienti ed amalgamarli insieme.
– Creare un panetto e metterlo in frigorifero a riposare per 2 ore.
– Togliere la pasta frolla del frigorifero, stenderla e coppare con uno stampino a forma di mascherina oppure ritagliare la pasta frolla utilizzando delle sagome da voi realizzati sul cartoncino.
– Posizionare su una teglia ricoperta da carta forno e far riposare mezz’oretta in frigorifero.
– Infornare a 180° per 10/15 minuti.
– Far raffreddare le mascherine e decorarle con la ghiaccia reale, la pasta di zucchero oppure dei confetti colorati.

per i più piccoli: un buon bicchiere di latte di montagna
per i più grandi: un calice di grappa trentina “El Vecio Lambic del Fondatore” di Antica Erboristeria Cappelletti

Categoria
Custode della Tradizione

Alberto Passi
Operatore Cuturale, Villa Tiepolo Passi (Tv)

Dolce di Carnevale
Frittole

Luogo di Origine
Carbonera (Tv)

A Carnevale, fritole se vi pare… e ogni scherzo vale

I re avevano a corte un giullare…che intratteneva con frizzi e lazzi, ma “con riguardo”, facendo ben attenzione a non esagerare. Venezia aveva le Maschere, la Commedia dell’Arte, e l’intero apparato di governo, Doge, Procuratori, Senato, i patrizi insomma, era preso di mira dallo sfottò.
Condizione di una città libera, una Repubblica (Res Publica letteralmente vuol dire la Cosa di Tutti ) che, per antica consuetudine, voleva innanzitutto il bene del popolo. E se non stava bene, il popolo mugugnava, non se ne stava affatto zitto o intimorito, protestava e non perdeva occasione per colpire a parole, senza ritegno, malgoverno e costumi della classe dominante.
Il Ruzzante, drammaturgo e scrittore padovano impiegato alla corte dei Barbaro nel ‘500,inaugura questa moda letteraria, rivelando uno status civile e un carattere, frequente nei veneti, ironico, pungente, ridanciano, se pur a volte amaro. Il Carnevale, i Giochi in piazza, le Feste, le Regate erano del popolo e per il popolo e vi si univano con gran piacere i nobili, a tutti gli effetti parte di esso. Loro, i siori, fascia alta della società, dovevano dare il buon esempio, nel rispetto delle regole del buon comportamento, mitigati anche dalle “Leggi suntuarie”, scritte per il contenimento del lusso, per la decenza e la sobrietà del vivere civile. Di queste leggi ce ne fuuna che rincarò le farine perché, a quanto pare, i veneziani mangiavano troppi dolci…
E di fatto si legge di fritole, crostoli, castagnole, amaretti, baicoli, buranelli, zaleti, bussolai,cialdoni, focacce, storti, stortioni, ciarlotte, ossi da morto, pevarini, schizoti, sugoli e molto altro della ricchissima gamma di leccornie veneziane ad opera dei Scaletteri, i Ciambellai, gli Offellari ovvero i Castellieri e tutti gli infiniti specialisti di paste e dolci in Venezia.

Insomma, col Carnevale, ma un po’ tutto l’anno perché ogni occasione era buona per far festa, dalle scorpacciate di dolci e dalla satira non si salvava nessuno…Con buona pace dei parrucconi (Pantalon) e gran consolazione del popolo sovrano (Arlecchino e Colombina).
Copyright © Alberto Passi, tutti i diritti riservati

vedi il video

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Categoria
Custodi della tradizione

Cantina Produttori Fregona s.c.a.
Alessandro Salatin produttore socio della cooperativa

Dolce di Carnevale
Frittelle di Fregona

Luogo di Origine
Fregona (TV)

Perché le chiamiamo “Frittelle di Fregona”?
Perché queste frittelle a differenza di quelle comuni che si fanno nelle famiglie in questo periodo, hanno un ingrediente molto particolare.
E’ usanza in questo piccolo paese della pedemontana trevigiana, durante la vendemmia, raccogliere e mettere nei granai dei grappoli di uva Boschera ad appassire. Questa tradizione nasce dal fatto che qui si trova la culla del Torchiato di Fregona.
Nel passato, tutte le famiglie contadine del paese mettevano nei propri granai l’uva ad appassire ma, non tutta veniva utilizzata per la produzione del Torchiato di Fregona.
Una parte dell’ uva Boschera veniva mangiata come uvetta durante i mesi più freddi, oppure utilizzata per alcune preparazioni culinarie.
Durante il carnevale, i dolci tipici quali crostali e frittelle vedono protagonisti i prodotti del territorio; tra gli ingredienti troviamo il Torchiato di Fregona al posto della grappa o del succo di limone e l’uva Boschera passita al posto dell’uvetta sultanina.

125 gr. Latte vegetale o vaccino
Scorza di 1 limone
25 gr. Di Torchiato di Fregano docg
Uva passita Boschera
½ bustina di vanillina
1 cucchiaio di olio di semi
1 uovo
220 gr. Farina
1 cucchiaio di fecola di patate
80 gr. Zucchero
2 cucchiaini di lievito per dolci

Torchiato di Fregona docg

Categoria
Custodi della tradizione

Cristiano Baratto, Jacopo Gili, Elena Valguarnera
Associazione di Promozione turistica Pro Loco di Settimo Rottaro

Dolce di Carnevale
Pëtti ‘d Madama

Luogo di Origine
Settimo Rottaro (TO)

Esiste un filo sottile e affilato che unisce questo dolce alla nostra terra. Il suo dissacrante nomignolo è così insito nel nostro vocabolario e nella nostra cultura, da farci dimenticare spesso le sue origini, da farci smettere di pensare al motivo per cui un dolce carnevalesco evochi i peti e le madame.

Per ricostruirne la storia è necessario volgere lo sguardo al passato, verso un tempo in cui la memoria si mescola ai racconti: a quando le giovani donne cercavano marito e le madri erano in fermento, intente a trovare una buona sistemazione per le proprie figlie; al tempo in cui per le madame presenziare alla funzione del signor Pievano, inscenando la rassegna di abiti per la festa, era la sola occasione per sentirsi parte di una vita sociale inesistente; a quando il lavoro nei campi era ancora l’unica scelta, ma qualche viandante iniziava a diffondere voci – che poi si rincorrevano nelle stalle, nelle lunghe notti invernali – di una vita che poteva essere diversa.

La tradizione vuole che i Pëtti ‘d Madama siano nate, in questo contesto, dalla fantasia di un cuoco rottarese. Il dolce era così amato tra i piccoli borghi presenti in quel fazzoletto di terra tra la Serra Morenica e la collina di Masino che proprio il Conte Valperga volle conoscerne il creatore.

– Cüsiné! Me ca ‘s ciama su si?
– Pëtti ‘d Madama, munsü!

Divertito dall’affermazione del cuoco, il Conte chiese il perché di un nome così insolito. Il cuoco rispose giurando di aver sentito con le proprie orecchie un gruppo di madame imbellettate scoreggiare sonoramente mentre percorrevano la Strada del Forno, che le avrebbe condotte prima in Piazza e poi su verso la Chiesa per la Messa domenicale. Le signore, sicure di non essere osservate, probabilmente dopo una colazione indigesta, si tenevano a braccetto e barcollavano in preda a risate incontenibili, e più ridevano più continuavano il loro concerto fatto di flatulenze.

Fu così che il cuoco, a metà tra l’incredulo e lo sbigottito, decise di modificare la tipica preparazione delle bugie di carnevale che stava cucinando in quel periodo e di usare gli ingredienti in altro modo.

Modo che, almeno a suo dire, gli ricordava il teatro a cui aveva avuto l’onore di assistere.

Di seguito, cari lettori, vi concediamo la ricetta di questo dolce leggendario che è parte del ricettario rottarese. Questa, come altri piatti della tradizione di Settimo Rottaro, è degustabile durante i giorni della Sagra del salam ‘d patata, l’ultimo fine settimana di Gennaio.

(testo di @Cristiano Baratto – foto @Jacopo Gili)

500 gr di farina bianca, 300 gr di zucchero, 3 uova intere, 1 bustina di lievito, 1 bustina di vanillina, scorza di limone qb, latte qb, liquore a piacere, strutto (per frittura), zucchero a velo.

La ricetta è stata presa da Ricettario Rottarese a la moda ‘d Sètu A.A.V.V. Graphot Editrice (vedi foto copertina in allegato) 2018 prima edizione, 2020 seconda edizione.

Progetto editoriale senza scopo di lucro (i proventi raccolti sono stati utilizzati per ristrutturare il parco giochi di Settimo Rottaro) fortemente voluto da un gruppo di donne rottaresi: Graziana Coda, Monica Gianotti, Marzia Panetti, Giorgia Vigna Taglianti, Elena Valguarnera; una collaborazione totalmente rottarese: dalle testimonianze dei nostri anziani (i detentori dei saperi gastronomici) alla stampa realizzata da Laura e Roberto Giachino di Graphot Editrice, acqurelli a cura dell’artista Maria Giachetti, testi di Giannina Comotto e trascrizioni dei termini dialettali di Gabriele Baratto.

Il ricettario racconta delle nostre tradizioni culinarie: piatti tradizionali delle feste, piatti consumati tutti i giorni, tutte le ricette legate alla macellazione del maiale. Il ricettario è stato presentato nel 2018 durante la 16^ Sagra del Salam ‘d patata. A Settimo Rottaro ogni anno l’ultimo weekend di gennaio si svolge la tradizionale Sagra del Salam ‘d patata. @Sagrasalampatata

Abbiamo abbinato questo dolce carnevalesco con i vini dei nostri produttori locali.

Erbaluce di Caluso Passito Riserva DOC 2006 “Venanzia” produttore La Masera.    Azienda Agricola La Masera – SETTIMO ROTTARO (TO) 10010, Via San Pietro, 10 

Uno degli abbinamenti classici con le “Pëtti ‘d Madama” è sicuramente quello con il Caluso Passito DOCG ottenuto dal vitigno autoctono Erbaluce che si può coltivare e produrre solo in quest’angolo del Nord-Est denominato il Canavese insidiato in un Anfiteatro Morenico naturale unico al mondo con ben 3 siti UNESCO.

Il passito veniva prodotto da tutte le famiglie rurali quale vino di benvenuto o per le grandi festee. Non poteva non essere prodotto quando nasceva un figlio le cui bottiglie erano poi destinate ad essere consumate al compimento della maggiore età (ai tempi di 21 anni) o in occasione del suo matrimonio.

Il Caluso Passito è ottenuto da una raccolta a mano selezionando i grappoli più spargoli e segue un appassimento da settembre a marzo in cassette o appeso su dei file.

Dopo la pigiatura e fermentazione in acciaio, il vino affina in barriques di rovere per un periodo minimo di 42 mesi e, successivamente, in bottiglia per almeno 6 mesi

Si presenta con un colore giallo paglierino carico, con evidenti riflessi dorati tendenti all’ambrato con l’invecchiamento. Un profumo ampio, intenso, etereo, di grande complessità, con evidenti sentori di frutta secca, frutta sciroppata, lievi sfumature tostate, note dolci. Un gusto dolce, pieno, armonico, avvolgente, di buona struttura e persistenza, con un lieve retrogusto finale mandorlato

Oltre all’abbinamento ideale con i dolci della tradizione piemontese, come le “Pëtti ‘d Madama” , molto interessante l’abbinamento anche con formaggi stagionati ed erborinati. Ottimo anche come vino da meditazione.

Spumante di Erbaluce Brut – Metodo Classico produttore Garage dell’Uva
Garage dell’uva Società Semplice Agricola– SETTIMO ROTTARO (TO) 10010, Via Selva, 4                                    

Categoria
Custodi della Tradizione

Laura Montecucco
C.I.O.F.S. Fp Piemonte Cfp “San Giuseppe” Tortona (AL)

Dolce di Carnevale
Fersӧi

Luogo di Origine
Piemonte-Tortona

I dolci di carnevale, le frittelle o tortelli (raccontandoli in italiano), escono troppo spesso cresciuti, ovvero chersò in dialetto, da una friggitrice colma di un olio uscito da una tanica di plastica.

Ma le vere frittelle di carnevale, in tempi in cui tutti, non solo pochi valligiani e contadini, parlavano in dialetto e del maiale non si buttava via niente, invece crescevano, si gonfiavano, cherseven (crescevano) sfrigolando nello strutto.

Si cominciavano a sognare già un paio di mesi prima, nei dì del sacrificio del porco, dì in cui i dolci erano roba da ricchi, anzi erano addirittura roba peccaminosa. In quei dì gli ultimi rimasugli dell’animale tanto coccolato fino al giorno prima finivano in un pentolone per lentamente sciogliere il prezioso grasso. Quel prezioso grasso, raffreddato nei rigori dell’inverno, diventava candido e, in parte, finiva in barili a coprire e conservare carni e salsicce, quelle da mangiare nelle prime settimane.

Ma un paio di mesi dopo sarebbe stato carnevale, quando trasgredire, persino mangiando dolci, sarebbe stato permesso. E giusto a carnevale carni e salsicce finivano. Che fare dello strutto? Eccolo a sfrigolare in un padellone pronto ad accogliere delle palline di quell’impasto che durante il resto dell’anno finivano in forno per diventar bigné mentre a carnevale, invece, si gonfiavano e saltellavano allegramente nel grasso del maiale già limpido… e diventavano frittelle.

Latte (Centrale del Latte di Alessandria)

Panna (Centrale del Latte di Alessandria)

Farina (azienda agricola Poggio – Carbonara)

Uova (Maurizio Bailo di Rivalta Scrivia)

Zucchero semolato

Lievito

Moscato Anarchia Costituzionale Vigneti Massa

Categoria
Custodi della tradizione

Angela Gozzi
“Rasdora” (MN)

Dolce di Carnevale
Mirtol

Luogo di Origine
Comune di Goito e zone limitrofe

E’ una sorta di focaccia di cui si hanno notizie a partire dagli inizi del ‘900.  Si tratta di un prodotto della cucina povera che accompagnava come un rituale coloro che si incamminavano dalle campagne verso la Città di Mantova per la Fiera di Sant’Anselmo (Santo Patrono di Mantova 18 Marzo), che in alcuni anni coincide con il periodo carnevalesco.

Bibliografia: La cucina Cerlonghina, Sante Bardini, Antonio Minuti. Edizioni Il Filòs Cerlonghino

Polenta avanzata dalla cena precedente, farina bianca, latte, lardo, bicarbonato e zucchero.

Si sposa bene con un bianco fermo delle Colline Moreniche nell’Alto Mantovano. In particolare con il “Mandorlo” della “Azienda Agricola Ricchi”

http://www.cantinaricchi.it/

https://www.facebook.com/cantinaricchi

Categoria
Custodi della tradizione

Patrizia Lasagna
Titolare Agriturismo Ca’ Rossa , Pegognaga

Dolce di Carnevale
FIAPU’N

Luogo di Origine
Oltrepo Mantovano

Il “ fiapùn” ( dal dialetto mantovano “ fiap” morbido) è una schiacciata poverissima, entrata nella Tradizione popolare mantovana come identificativo di una sana e genuina cucina. Si impasta la Polenta avanzata con della farina  e zucchero e si frigge nello strutto, elemento sempre disponibile fresco nei periodi invernali, ricavato dalla macellazione del maiale che impegnava i “ masalin” nel periodo che va da novembre a febbraio. Il masalin è tutt’oggi l figura principale nell’atto della macellazione e nella trasformazione del maiale in insaccati, cotechini, cicciole e altre tipicità mantovane.

Consuetudine diffusa nelle nostre campagne ,era quella di dare alle galline, l’ultimo giorno di Carnevale, le briciole del dolce preparato, così avrebbero fatto più uova nel corso dell’anno.

Ha de sempre rappresentato il dolce di Carnevale nelle famiglie contadine povere, per le quali zucchero e uova erano beni molto costosi.

Osservazione: “ in  campagna si ricicla tutto”

Farina, Zucchero, Uova, Grappa, Olio d’oliva, Strutto suino per la frittura.

Da sempre l’abbinamento tradizionale è il Lambrusco Mantovano. In particolare si presta all’abbinamento il Cavalcabò, un Lambrusco frizzante dal carattere sanguigno e verace prodotto dalla Cantina Sociale di Viadana.

https://www.cantinaviadana.it/

https://www.facebook.com/cantinadiviadana

Categoria
Custodi della tradizione

Clelia Tosco
B&B “La Corte del Mulino 1725” (Benevento)

Dolce di Carnevale
Migliaccio

Luogo di Origine
Campania

Il MIGLIACCIO è il dolce tipico del martedì grasso nella tradizione campana.
In provincia di Benevento viene chiamato SFOGLIATA perché il suo ripieno si avvicina molto a quello della sfogliatella napoletana.
Le origini del migliaccio appartengono alla valle CAUDINA (divisa tra le province di Benevento e Avellino). Il nome MIGLIACCIO deriverebbe dal latino “MILIACIUS” detto della farina di miglio, e da MILIACCIUM che consisteva nel pane di miglio ovvero il pane dei poveri.
In origine questo dolce veniva preparato con la farina di miglio e il sangue del maiale al quale veniva aggiunto il latte. Era un cibo contadino quindi povero.
La Chiesa però cercò di scoraggiare l’uso del sangue di maiale perché riportava a tradizioni pagane. Venne allora sostituito con altri ingredienti nell’arco
degli anni.
La ricetta attuale prevede l’uso di semolino, ricotta, uova, scorze di agrumi, latte, burro (una volta si usava lo strutto), liquore Strega Alberti e zucchero semolato.

La ricetta mi è stata data dalla signora Franzina di anni 85, cuoca del ristorante “LA PINETA” di Castelvenere (BN) e apparteneva alla sua mamma.
La signora Franzina è una custode delle ricette antiche del territorio del Sannio, una maestra preziosa per tramandare ai posteri questi sapori di vera tradizione.
Con grande amore mi ha insegnato a fare questo dolce e mi ha donato questa ricetta che profuma di passato e di nonne.
Senza le nonne tutto questo patrimonio gastronomico non esisterebbe più. Le nonne sono patrimonio dell’umanità.
La ricotta di bufala utilizzata è del caseificio artigianale “LA DELIZIA” di Maddaloni (CE).

• 1 stampo rotondo di diam. 35 cm • Mezzo bicchiere di liquore Strega • 1 litro di latte Alberti • 130 gr di semolino • La scorza grattugiata di un limone
• 250 gr di burro • 1 kg di ricotta di bufala • 1 O tuorli d’uovo • 1 pizzico di sale • 11 albumi • 300 gr di zucchero semolato

PROCEDIMENTO
• Fare scaldare il latte e la scorza grattugiata del limone, senza portare a ebollizione.
• Quando il latte inizia a fumare, versare la semola a pioggia mescolando con la frusta fino a quando il composto si staccherà dalle pareti della pentola.
• Togliere dal fuoco e aggiungere il burro, il sale e la ricotta, mescolando bene fino a creare un composto omogeneo.
• Montare i tuorli con lo zucchero, aggiungerli al composto preparato in precedenza e montare nuovamente con le fruste fino a ottenere un impasto ben
amalgamato e morbido.
• Montare gli 11 albumi a neve e inserirli nel composto.
• Imburrare e infarinare uno stampo rotondo alto 5 cm circa e con un diametro da 35/36 cm; versarvi dentro il composto e infornare a 160° per 60 minuti
circa.
• Una volta raffreddato cospargere la superficie con lo zucchero a velo e servire.
Questo dolce si serve dentro la teglia nel quale è stato cotto.

KISSOS falanghina del Sannio dell’azienda vinicola CANTINE TORA località Torrecuso (BN).
Notevole il corredo odoroso, richiama note floreali di ginestra e di frutta esotica disidratata con un netto richiamo al miele
di agrumi.
Grado alcolico 13,5/14,5.
Colore giallo oro dorato.

Categoria
Custodi della tradizione

Massimiliano Marchetti per Poggio Santa Maria
Proprietario di un agriturismo e di una cantina locale di Castiglione del Lago (Perugia)

Dolce di Carnevale
Chiacchiere

Luogo di Origine
Romana o Napoletana

Le Chiacchiere! Delle donne? No! Di Nonna Graziella! Le chiacchiere o frappe o cenci, a seconda della regione sono un dolce tipico di carnevale. Fatte con ingredienti semplici, tipici, senza richiedere eccessive abilità sono note per il loro sapore dolce ma non troppo e per la loro croccantezza. Dopo aver mischiato gli ingredienti dovete solo friggerle! Come sapete se sono venute buone? Devono fare crock sotto ai denti! Zucchero a velo a pioggia!
Secondo gli storici l’origine delle chiacchiere risale all’epoca romana, in quel periodo venivano fatti dei dolcetti a base di uova e farina chiamati “frictilia”, che venivano fritti nel grasso del maiale, e preparati dalle donne romane per festeggiare i Saturnali (festività che corrisponde al nostro Carnevale). Si era soliti farne grosse quantità perché dovevano durare per tutto il periodo della Quaresima.
Questo dolce veniva servito alla folla che si recava in strada per festeggiare il carnevale, e poiché era semplice da preparare se ne potevano fare grande quantità in breve tempo e ad un costo basso.
Le chiacchiere possono essere anche di origine napoletana e la storia fa risalire il loro nome alla Regina Savoia che volle “chiacchierare” ma ad un certo punto le venne fame e chiamò il cuoco di corte, Raffaele Esposito, per farsi fare un dolce che potesse allietare lei e i suoi ospiti, egli prese spunto da quella chiacchierata e diede il nome di “chiacchiera” al dolce appena fatto.
Qui in Umbria le chiacchiere sono un dolce tipico. Nonna Graziella, l’autrice del dolce che vi abbiamo mostrato ha origini toscane, per cui in realtà si può dire che il legame al territorio sia un legame nazionale.
A nonna piace cucinarle con i nostri prodotti e soprattutto adora di tanto in tanto aggiungere all’impasto un po’ di alchermes, per rendere il nostro carnevale un po’ più colorato.

• Farina grano 00 di poggio santa Maria (produzione propria)
• Latte intero
• Zucchero raffinato
• Rum o Alchermes

• Olio di Oliva di Poggio Santa Maria (produzione propria) o burro
• Uova (produzione propria)
• Olio di semi di girasole
• Lievito in polvere
• Miele o Cioccolato fondente o zucchero a velo

Io consiglierei il nostro Vin Santo di produzione Propria (che consumiamo solo in casa) oppure il nostro Limoncello (sempre di produzione propria) fatto da Nonno Guido.

Categoria
Custodi della Tradizione

Mara Quadraccia
Condotta SlowFood Terre dell’Umbria Meridionale (Tr)

Dolce di Carnevale
Frappe Tricolori

Luogo di Origine
Amelia (Terni)

Categoria
Custodi della Tradizione

Mara Quadraccia
Condotta SlowFood Terre dell’Umbria Meridionale (Tr)

Dolce di Carnevale
Le Puttanelle

Luogo di Origine
Calvi dell’Umbria (Terni)

Le frappe sono tra i dolci della tradizione del carnevale tra i più noti con la stessa parte (300 grammi di farina due uova 30 grammi di zucchero 30 grammi di burro tre cucchiai di Grappa un pizzico di sale ) si possono realizzare le puttanelle.

Dopo aver tirato una sfoglia sottile la si cosparge di un misto abbondante di zucchero e buccia di melangolo, si arrotola, si taglia dello spessore di 2 cm e si friggono le rotelline ottenute in olio di semi di arachide.

La tradizione viene tramandata a Calvi dell’Umbria.

Sono così chiamate perché con il sapore assunto con la farcitura risultano più gustose anche se non esternamente ricche

O forse perché essendo Calvi sulla Flaminia era zona frequentata per appuntamenti

“a carnevale ogni appuntamento vale”!

Farina 1 di grani antichi Molino Spilaceto Narni

Uova da allevamento biologico Sambucetole

Grappa di ciliegiolo

Buccia di melangolo

Aleatico Lu Cantina Zanchi Amelia

Vin Santo Occhio di Pernice Amelia Lapazzola 2011

Categoria
Custodi della Tradizione

Emanuele Bizzi
Azienda Agricola Pucciarella, Magione (Pg)

Dolce di Carnevale
Strufoli

Luogo di Origine
Umbria, Perugia

Artigianalità, semplicità e tradizione. Ecco come abbiamo realizzato in nostri strufoli di carnevale. Un abbinamento delizioso, creato rigorosamente con materie prime tutte locali, genuine e di grande qualità: farina di grano tenero delle nostre vallate, uova di allevamento a terra di provenienza locale, olio extravergine d’oliva aziendale e per finire una spruzzata del nostro delizioso Vin santo DOC, utilizzato sia come ingrediente che come perfetto accostamento di sapori autentici e tradizionali.
Oggi più che mai si riscopre la bellezza delle cose fatte a mano con passione e, cosa più importante, si valorizza e tramanda quella tradizione che le meravigliose madri e le nonne delle generazioni passate ci hanno insegnato.

6 cucchiai di zucchero
1 bustina di Lievito per dolci
Buccia e succo di mezzo limone bio
500gr di farina naturale di grano tenero Podere Borgobello
3 cucchiai di Pucciarella Olio extravergine d’oliva DOP Umbria Colli del Trasimeno
Una spruzzata di Pucciarella Vin Santo Trasimeno DOC

Il Vin Santo DOC Trasimeno che produciamo aziendalmente è un abbinamento ideale ai dolcetti di carnevale. Dal sapore dolce ma mai stucchevole, grazie alla sua buona acidità, si presenta al palato con deliziosi sentori di frutta secca, miele e confettura di fichi e mela cotogna.

Categoria
Custodi della tradizione

Associazione culturale Il Laboratorio del Paesaggio
Presidente Paola Venturi
Laboratorio del Paesaggio Avigliano Umbro (TR)

Dolce di Carnevale
I Chicchirichella

Luogo di Origine
Avigliano Umbro- Montecastrilli  (TR)

Il dolce CHICCHIRICHELLA, nasce nel 2015 dalla creatività della maestra pasticcera Rita Mancini della Pasticceria La Soave di Montecastrilli, su richiesta di Oliviero Piacenti e Paola Contili, creatori delle Maschere Umbre della Commedia dell’Arte.  Il dolce prende forma dal particolare cappello della relativa Maschera Umbra e che racchiude in sé ingredienti, ricette, sapori e profumi della tradizione carnascialesca di questa zona centrale dell’Umbria

Da una filastrocca del XVI secolo, che è stata la nenia di molti bambini, tramandata oralmente di generazione in generazione in un ampio territorio dell’Umbria che coivolge 15 comuni almeno, sono nate le quattro Maschere alle quali sono state accostate le forme d’arte di quel periodo storico della Commedia dell’arte, un fenomeno tutto italiano riferimento culturale per gran parte d’Europa.

Rosalinda, Chicchirichella, Nasoacciaccato e Nasotorto prendono forma con i costumi seicenteschi, con la rivalutazione del dialetto di un’ampia area dalla Valle del Tevere alla Conca Ternana, con  i lazzi carnascialeschi, ma soprattutto le Maschere Umbre della Commedia dell’Arte sono legate al cibo, che naturalmente è a sua volta legato al territorio e alle tradizioni. Dal maiale al cigotto di Grutti, dai manfricoli con pecorino e salsicce alle ciriole, dalla barbazza alla fava cottora, annaffiati da buon Sagrantino e Grechetto, per finire con pampepati e nociata. Nell’intreccio della trama dello spettacolo il cibo locale diventa protagonista, tanto nel pasto frugale che da gran gourmet, la simpatia delle Maschere esalta il valore del cibo di qualità ed il legame col territorio.

Il Laboratorio del Paesaggio da sempre attento alle peculiarità locali, nelle produzioni agricole e di allevamenti, vuole raccogliere e ricomporre una memoria della tradizione gastronomica. Nel promuovere le Maschere Umbre della Commedia dell’Arte, grande considerazione ha il recupero delle tradizioni, del dialetto e del cibo locale, tipico del territorio in cui le Maschere vivono ed agiscono.  Attenzione al recupero delle tipicità della cucina e della pasticceria, accompagnata da buon vino e distillati, per valorizzare le produzioni casalinghe e la riscoperta delle tradizioni di nicchia.

Sfoglia: 3uova biologiche (Liberovo, galline in libertà), buccia grattugiata di 1e1/2 arancia e di ½ limone rigorosamente biologici,  1 bicchiere di succo di arancia, 3 cucchiai di latte, 3 cucchiai di Maraschino (distillato dalle marasche), 3 cucchiai di olio extravergine d’oliva DOP Colli Amerini, 5 cucchiai di zucchero semolato, farina q.b., un pizzico di sale, olio di semi di girasole bio per frittura.

Ripieno: 300gr. Di crema pasticcera diluita con succo ¼ di succo d’arancia, 100 gr. di mascarpone, ½ limone spremuto bello grande, buccia d’arancia grattugiata q.b., aroma naturale di arancia.

Esterno: spennellare con miele biologico e spolverare con un mix di  ¾ di buccia di arancia e ¼ di buccia di limone grattugiata, a guarnire.

Procedimento: preparare la pasta sfoglia di 2cm di spessore, tagliare dei pezzi a forma di trapezio, circa 10 cm con una  base larga 4 cm e una base stretta di 2 cm, allungati  e stretti da un lato, come il cappello di Chicchirichella. Quindi poggiare un cucchiaino di crema nella base maggiore e chiudere a mo’ di cappelletto,  lasciando la tesa del cappello allungata in avanti. Friggere in abbondante olio di semi di girasole fino a doratura. Spennellare di miele e spolverare col mix di buccia d’arancia e limone grattugiati. Lasciar raffreddare e servire. Per gustare il dolce si suggerisce di addentate il cappello dalla parte del ripieno, così che possa sprigionare aromi e profumi!

Sagrantino Muffato Passito DOCG Scacciadiavoli, Torgiano Vin Santo e Dulcis Lungarotti

Categoria
Comunicatori del Gusto

Giulia Giovagnoni
www.niccherie.it

Dolce di Carnevale
Crescionda

Luogo di Origine
Spoleto (Umbria)

La crescionda spoletina è un dolce tipico di carnevale che ha origini molto antiche: risale infatti all’epoca medievale quando veniva preparata con ingredienti molto diversi rispetto a quelli attuali (brodo di gallina, pangrattato).

Oggi la crescionda è a base di amaretti e cioccolato.

L’ impasto risulta molto liquido e ciò permette la formazione in cottura di tre strati (amaretti, budino, cioccolato) che la rendono molto particolare seppure di facile realizzazione.

E’ un dolce carnevalesco che si è adattato al passare dei secoli per incontrare il gusto dei consumatori un dolce tipico umbro di carnevale talmente importante da essere stato inserito nell’elenco dei PAT prodotti agroalimentari tradizionali italiani.

Farina di grano tenero bio azienda agraria Carini, amaretti, latte, uova, cioccolato fondente al 70% Nero Perugina, zucchero, buccia di limone

Liquore all’Amarena

Categoria
Custodi della tradizione

Mazzeo Giuseppe -Insegnante di Enogastronomia 
Ipseoa I&V Florio Di Erice

Dolce di Carnevale
Ciambelle di Carnevale “Sfincie di Carnivali”

Luogo di Origine
Erice

Il carnevale l’ultima festa prima della quaresima; anche questo dolce legato al contesto ericino rappresenta un momento di festa per il palato, le sfincie, rigorosamente fritte nel primo olio d’annata per valutarne la qualità, risultano leggere come lo spirito del carnevale, queste nuvole soffici offerte a tutti, rappresentano il legame con il nostro territorio. ricordo ancora i profumi di questa festa quando da piccolo la nonna le impastava a mano in un contenitore di terracotta “lemmo” la tradizione di questo dolce richiedeva l’impiego nella preparazione di patate lesse e di un bicchierino di marsala o in mancanza di ericino un amaro officinale alle erbe preparato anticamente dalle monache di clausura.

La forma di questo dolce somiglia un po’ ad una maschera come quella del carnevale che ci permette di perdere per un attimo la propria identità vivere un momento di spensieratezza, grazie anche al buon vino che inebriando la mente ci rende allegri.

Dolce fritto, tipico della cucina siciliana, le “Sfingi” o “Sfinci” sono piccole e soffici palline di pasta lievitata e fritti nell’olio bollente, preparate per tradizione, per Carnevale.
Il loro nome sembra derivare dal latino “spongia”, o dall’arabo “isfanǧ”, ovvero “spugna”, proprio per la sua natura soffice e spugnosa.

Per preparare la pasta mescolate bene; 250 patata lessa 250 g farina di perciasacchi , 250 farina di  Maiorca,50 g di zucchero , 250 di latte tiepido, la buccia e il succo di una arancia rossa IGP 15 g di lievito di birra , 8 g di sale IGP trapanese ,8 g di anice e 100 ml di Marsala targa Florio. Adesso abbiate cura di amalgamare bene il tutto fino a ottenere un impasto abbastanza fluido, aggiungete un pizzico di sale, coprite il recipiente lasciando lievitare per un’ora al caldo. Friggete in olio EVO Valli trapanesi DOP l’impasto a cucchiaiate, aiutandovi con due cucchiai fate scivolare poche porzioni di impasto direttamente nell’olio bollente e cuocete per 3-4 minuti rigirandole per farle dorare e gonfiare completamente. Tirate fuori la pasta fritta dall’olio e lasciate scolare su carta assorbente e mentre è ancora calda, passatela in una ciotola con zucchero e cannella.
Servire ancora tiepide.

Spumante Petali Brut Fazio Wines, ottenuto da Moscato Bianco in purezza. Aromatico di Qualità Dolce. Prodotto nelle tenute viticole del territorio della Doc Erice nella Sicilia Occidentale

Le note tipiche del moscato bianco coltivato nel territorio di Erice vengono esaltate dalla presa di spuma effettuata direttamente nella cuvè composta esclusivamente da mosto d’uva fresco di prima spremitura senza l’utilizzo di vino base. Questa tecnica permette di esaltare il quadro aromatico e nello stesso tempo lo rende piacevole al gusto con una freschezza che ricorda l’uva. Piacevoli odori floreali che ricordano le rose bianche, da cui è derivata la scelta del nome. Il risultato è uno spumante caratterizzato da un forte legame con il territorio, versatile e delicato